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 Avevo diciotto anni, leggevo e guardavo L'ARTE MODERNA della Fabbri  diretta da Franco Russoli con scritti di Gillo Dorfles, Renato Barilli, Maurizio Calvesi, Renata Negri, Giulia Veronesi e tanti altri... Visitavo le belle mostre della GAM di Torino e le gallerie che proponevano artisti per me nuovi, ma che sentivo familiari in modo istintivo. A scuola chiedevo al professore di Storia dell'arte di accelerare per arrivare agli ultimi due secoli (poverino, nel liceo classico aveva solo un'ora settimanale a disposizione!).

Ma lo spunto più interessante per me veniva dall'urgenza di superare i confini della tela o del foglio e le innovazioni tecnico-formali mi sembravano secondarie, forse perché le leggevo concentrate in volumi che attraversavano i decenni tra '800 e '900 in un solo metro di spazio nella libreria, anche se erano il risultato di travagli complessi un po' felici e un po' dolorosi.

Ho un preciso ricordo di una notte in cui avevo immaginato una schiera di persone, come quelle di uno dei cortei che in quegli anni si moltiplicavano, illuminate dalla conoscenza sensibile, perciò "estetica", della loro esistenza nella storia. E avevo dedotto: questa sarà la nuova opera d'arte! Questa intuizione mi avrebbe permesso di percepire molti fenomeni che ho colto e coltivato in seguito. L'ho fatto in modo famelico per paura di perdere la presa, senza preoccuparmi, forse esagerando, di accademie di sorta.

Tuttavia tele, pennelli e colori, fogli matite e inchiostri rimanevano a portata di mano, cosicché qualcosa è rimasto, anche se un po' malconcio, di quegli "errori" giovanili, che ora guardo con auto-indulgenza...


 

1969, olio e polvere di carboncino su tela 70x100

 
1970, olio su tela 70x100

1970, olio su tela 80x100

1970, olio su tela 70x100

1970, olio su tela 70x100




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